#SostieneTeresa. Elogio del cantiere. Di Luca Villani

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Il paradosso dei cantieri. In genere sono visti come un fastidio, quando non come una vessazione gratuita, come se l’amministrazione si divertisse a fare impazzire il traffico chiudendo un paio di vie a sorpresa. Eppure. Eppure la ragione ci suggerirebbe che se c’è un cantiere si sta costruendo (o aggiustando) qualcosa. Un cantiere urbano dovrebbe essere visto allora quasi come una gravidanza: magari un po’ fastidiosa al momento di fare le scale a piedi, ma con un esito finale positivo.

Se pensato bene e gestito con onestà, il cantiere è un’occasione collettiva non solo di restyling estetico e funzionale, ma anche di conoscenza della città e di orgoglio civico. Penso al piazzale del Cimitero Monumentale, dove non solo è arrivata la Metro 5, ma che da parcheggio malfrequentato, per non dire di peggio, è diventato un piccolo parco, con nuovi alberi e pista ciclabile, che valorizza un monumento di grande bellezza che – guarda caso – i milanesi stanno riscoprendo.

I nemici dei cantieri (che spesso sono automobilisti che si lamentano del traffico che essi stessi generano!) qualche ragione tuttavia ce l’hanno. La storia semi-recente di Milano è costellata di episodi perversi: cantieri improvvidi, a volte anche inutili, durati troppo a lungo, che hanno danneggiato gravemente l’economia delle vie e piazze coinvolte. Molti di questi sono stati meritoriamente chiusi dall’amministrazione Pisapia.

Ma soprattutto sono stati comunicati male, o non comunicati affatto. Eppure basterebbe fare come i bravi coinquilini che, un paio di giorni prima, attaccano un foglietto in ascensore: “Gentili coinquilini, sabato sera ci sarà la festa di compleanno di …… Ci scusiamo pertanto se ci sarà un po’ di confusione, se volete passare siete i benvenuti”. In genere, la potenziale irritazione si trasforma in benevolenza. Qualcuno, addirittura, porta un tiramisù.

E allora? E allora vorrei suggerire (a Teresa, e per il suo tramite al nostro prossimo sindaco) di “usare” i cantieri. Dei farne dei “media”, scrivere sulle loro pareti, raccontare che cosa c’era e che cosa ci sarà. E poi magari aggregare tutte le informazioni in una App che ci racconti in tempo reale come sta cambiando la nostra città – meglio: il nostro quartiere – e perché.

Il cantiere è una grande occasione. E milioni di “umarells” (come a Bologna chiamano gli anziani che tengono d’occhio i lavori stradali) non possono sbagliarsi. O sto diventando un po’ “umarell” anch’io?

Luca Villani

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